Lo psicologo ungherese Mihaly Csikszentmihalyi (si pronuncia “Miali Cicsentmiali”) nel 1975 parlò della teoria del flow detta anche teoria dell’esperienza ottimale. Il nome della teoria prende spunto dai colloqui svolti con i suoi pazienti, i quali riferivano di momenti in cui in relazione ad attività che svolgevano, si sentivano in uno stato di estasi, totalmente immersi in quello che facevano, perdevano la cognizione del tempo, percepivano la perfetta simbiosi tra mente e corpo e si sentivano in assoluta armonia. Tutti paragonavano queste esperienze positive e gratificanti ad una corrente d’acqua che li trasportava. Da qui “segui il flow”, espressione diffusa dai surfisti. In questo flusso di coscienza, la motivazione principale dell’attività è il puro godimento (motivazione intrinseca) e la gratificazione che ne deriva è legata esclusivamente all’esperienza stessa e non all’aspettativa dei benefici che ne derivano. Il surf rientra tra le esperienze ottimali perché rappresenta già di per sé una ricompensa (esperienza autoletica). La bellezza delle esperienze ottimali è che dinanzi a queste siamo tutti uguali. Gli studi transculturali condotti su 4.000 soggetti tramite interviste e questionari hanno confermato che tutti possiamo sperimentare il flow in diverse situazioni e le sensazioni sono identiche in tutti gli esseri umani. Il flow è universale.
Il flusso di coscienza per essere ricercato e vissuto più volte può essere “allenato” praticando la mindfulness e facendo proprie diverse tecniche di respirazione che aiutano a gestire le emozioni e ad avere un buon autocontrollo (locus of control interno). La psicologia dello sport analizza il modello del flow per studiare la peak performance. La peak performance è la prestazione ottimale dell’atleta, quella al di sopra del suo standard abituale ed è caratterizzata da impegno costante, autoefficacia percepita (consapevolezza e fiducia nelle proprie capacità), controllo, totale concentrazione, alta motivazione e raggiungimento del flow quale stato di tensione ottimale. In questo caso il flow è detto anche trance agonistica. La performance vincente di Kelly Slater al Billabong Pipe Master di quest’anno e le sue parole, che in tanti abbiamo letto nell’articolo di Gazzetta Active, ne sono la chiara dimostrazione: “la mattina prima della gara la mia fidanzata mi ha detto ‘respira, pensa solo a respirare, resta concentrato e focalizzato sul presente, è tutto quello che devi fare. Così sono andato fuori in mare e non ho fatto altro che respirare e ripetere a me stesso di avere fiducia”.
La flow experience, che può essere vissuta anche in ambiti diversi da quello sportivo (arte, scrittura, musica, studio,) incrementa le capacità individuali e rafforza l’autostima, mettendo in circolo felicità e creatività. Vivere la quotidianità nello stato di flow ci rende più leggeri come quando si plana sulla tavola da surf, si è totalmente immersi in quel momento, a tal punto che le ore diventano minuti, tutto il mondo intorno svanisce e si sperimenta una felicità mai provata prima. William Finnegan in Giorni Selvaggi. Una vita sulle onde scrive: “Ma la mia totale dipendenza dal surf non aveva una motivazione razionale. Non ero in grado di opporvi alcuna resistenza: era una miniera senza fondo di bellezza e meraviglie. Non avrei saputo spiegarlo in altre parole”. Tutto questo da un punto di vista neurologico si spiega con tre parole: serotonina, dopamina ed endorfine. La serotonina è l’ormone della felicità, agisce sulla memoria, sulla concentrazione e sull’apprendimento. Più serotonina abbiamo in circolo e più ci sentiamo bene e appagati; grazie alla dopamina, l’ormone della ricompensa, ricerchiamo e ripetiamo le attività che ci fanno sperimentare piacere, e la pratica del surf è una promessa certa di piacere e ciò favorisce il rilascio delle endorfine che innalzano la soglia di percezione del dolore, la resistenza alla fatica e la durata ed efficacia della prestazione. Ringraziate le endorfine per tutte le volte in cui durante una session trovate l’energia per nuotare al largo e raggiungere più volte la line up. Più le endorfine vengono rilasciate lentamente, maggiore sarà la durata dei benefici psicofisici. Ecco spiegata la dipendenza dal surf e da tutte quelle attività che, per farci vivere nel flusso armonico di pensieri, sentimenti, consapevolezza e azione, a volte adrenalinica, possiedono le seguenti caratteristiche:
A questo punto non ci resta che attraversare il flow della vita e come dicono in Indonesia “bagus”.
Sicilia: Catania.
Lavoro come psicologa e sto studiando per diventare psicoterapeuta. Il rispetto e l’amore per il mare mi hanno sempre accompagnata sin da piccola ma è da grande che ho scoperto il surf. Collaboro con Sons of the Ocean perché condivido la loro mission e mi piacerebbe diffondere la psicologia nella vita delle persone a partire da sport come il surf e in relazione ai temi legati all’ambiente.