TOWN & COUNTRY: I POLI ESTREMI DELL’ISOLA DI OAHU

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Molti dei marchi più iconici sono nati tra la fine degli anni ’60 e primi anni ’70. Tre dei  brand più famosi e tutt’ora vivi (anche se non molto vegeti), sono nati in Australia: Rip Curl e Quiksilver entrambe fondate a Torquay nel 1969, Billabong invece nel 1973 sulla Gold Coast. La risposta hawaiiana arrivò nel 1971 con la creazione dei brand Lightning Bolt e Town & Country, entrambi nati come costruttori di surfboards. A mio parere è tanto curioso, quanto non casuale, il fatto che sia in Australia che alle Hawaii questi brand siano nati nello stesso periodo, anzi, nel caso delle coppie Rip Curl-Quiksilver e Lightning Bolt-Town & Country nello stesso anno. A dire il vero, in California Katin aveva anticipato tutti, producendo boardshort fin dagli anni ’50, ma non era riuscire a sfondare a livello internazionale, come invece riuscirono a fare i suddetti brands. Questi brand hanno superato la prova degli anni, e seppure appannati e indeboliti da crisi economica, da qualche errore di previsione sullo sviluppo del mercato globale e da una gestione dei costi a dir poco allegra, sono sempre tra quelli più noti ed acquistati dai surfers di tutto il pianeta. Oggi i giovani non sono legati come lo era la nostra generazione ad un brand in particolare, vestono quello che gli piace senza condizionamenti di “fede”, e semmai si sentono più unici e diversi quando indossano brand di nicchia, semi o del tutto sconosciuti. Ma giovani o meno giovani, i surfisti di oggi non restano insensibili al fascino di un brand che affonda le sue origini negli anni 60, soprattutto se negli ultimi vent’anni non ha saturato con i suoi prodotti le vetrine di surf shops, negozi di sport generici, bancarelle del mercato e perfino grandi catene sportive.  Ma cos’è che rende un brand più cool di un altro, mi sono spesso chiesto. Il nome? Forse, ma improbabile. In fondo, non penso che nella lingua madre rip curl , hot buttered o quiksilver abbiano un significato travolgente. E’ allora il logo, più che il nome, a colpire così fortemente l’immaginario? Più probabile: il fulmine (Lightning Bolt), l’onda e la montagna (Quiksilver), lo Yin e lo Yang (Town & Country) sono senza dubbio simboli potenti che colpiscono la fantasia del surfista. . Ma è evidente che ciò che ha reso questi brand così longevi e amati da tanti appassionati di surf sparsi in tutto il mondo è stato il legame tra il brand e i suoi testimonial, immortalati nelle pagine delle prime riviste di surf, oggi ingiallite ma ancora più cariche di significato, valore e fascino. Personaggi  leggendari che spesso hanno fatto la storia del nostro sport. Se dici Lightning Bolt l’abbinamento perfetto è Gerry Lopez. Un po’ come dire bistecca fiorentina e chianti classico. Se invece parliamo di Quiksilver, che ha avuto il suo massimo successo tra metà anni ’80 e 2005, allora la lista dei nomi abbinabili si amplia: se sei un windsurfer l’abbinamento è Robby Naish. Ma se sei un surfer ultra cinquantenne nel tuo cervello appariranno i nomi di Tom Carroll o di Kelly Slater, ma anche di Gary Elkerton o di un altro delle decine di eccellenti atleti sponsorizzati da questo colosso della surf industry. Proseguendo questo gioco di abbinamento immediato tra brand e testimonial potremmo continuare con altri esempi. Gotcha? Martin Potter in primis. Ma anche Derek Ho, Brock Little, Rob Machado, Dino Andino e Matt Archbold. Billabong? Mark Occhilupo e Andy Irons. Ma anche Shane Dorian, Luke Egan… Rip Curl? Tom Curren in primis, poi Mick Fanning e Gabriel Medina. Questa estate su vari siti di settore è uscita la notizia che un brand storico, a lungo assente tra i key players del surf business, torna in Europa: Town & Country is back! A luglio c’è stata l’apertura a Hossegor, capitale europea della surf industry, di un surf shop dedicato a questo iconico brand dal sapore puramente hawaiiano. Creato dallo shaper Craig Sugihara, appassionato surfer e costruttore di tavole, il brand prese vita nel 1971 a Pearl City (Hawaii), con pochi soldi e poche risorse, registrando una costante crescita, fino a permettersi di sponsorizzare alcuni tra i più talentuosi atleti locali. Il nome deriva dal fatto che la prima sede della T&C si trovava a metà tra il sud e il nord dell’isola di Oahu. L’unica via che collegava la south shore con la north shore a quel tempo era la Kamehameha, che univa i due poli estremi, quello delle onde e quello della città: Town & Country!  Negli anni 70 e 80 Larry Bertlemann e Dane Kealoha sono stati gli alfieri del brand hawaiiano nel circuito professionistico. Dalla metà degli anni ’80 altri due hawaiiani doc hanno sostituito su riviste e circuito ASP i primi team-riders: Johnny Boy Gomez e Sunny Garcia. Ma il nome che balza immediatamente in mente è quello di Martin Potter, con la sua tavola gialla e verde, con logone T&C in punta e loghino “The Saint” più in basso. Questo è uno dei casi “bi-partisan”, dove un riders è associato a più brand. Infatti, Pottz è associabile di primo acchito sia a Gotcha (sponsor abbigliamento) che a Town & Country (sponsor di tavole). Così come Tom Curren (Al Merrick/Rip Curl), anche se per un periodo Tom fu sponsorizzato da Ocean Pacific. Agli inizi degli anni ’90 il californiano Christian Fletcher ha surfato con le T&C. In tempi più recenti l’hawaiiano Fred Patacchia ha portato alto il nome del brand nel circuito ASP. 

Ma T&C ha avuto i suoi momenti di gloria anche in Italia, tra metà anni ’80 e fino agli inizi del nuovo millennio. Ma non con le tavole. Distribuito in Europa da una ditta di Tolosa (California), l’abbigliamento T&C ebbe un grande successo grazie a una indovinata linea caratterizzata dall’uso di personaggi da cartoon (fumetti). Mitico il Trilla Gorilla, che spopolava. In quel periodo ero gestore del primo vero surf shop italiano, Natural Surf. Mi ero trasferito da un anno circa dal Marco Polo alla Darsena di Viareggio e ricordo che i ragazzi di età compresa tra i 14 e i 25 anni andavano matti per quelle t-shirts, ne vendevo letteralmente a palate. Ma le tavole da surf T&C restavano introvabili e Natural…mente, le potevi trovare solo da Natural Surf. Le importavo direttamente, così come le Nev e altri famosi marchi. Ma le tavole T&C erano in cima alla lista dei desideri di un surfer. Quando arrivavano le t-shirt o le tavole, era… un vero sballo.  Durante la partecipazione alla fiera dello sport a Monaco di Baviera conobbi il distributore europeo di abbigliamento, si chiamava Philippe Lacomar. Solo recentemente ho saputo che era lo zio di Marc Lacomar, attualmente uno dei surfer europei più noti. Agli inizi degli anni ’90 il mio caro amico sudafricano Dave Malerbe (coach della nazionale italiana ia mondiali in Portogallo del 1998), gareggiò nel circuito ASP per un paio d’anni, surfando con le T&C. Nel settembre del 1993, alla fine del leg europeo ASP, mi seguì nel mio viaggio di ritorno a Viareggio. Trovammo ottime condizioni e rimase qui un paio di settimane. Oltre che in Versilia surfammo a Levanto (uscì un indimenticabile articolo che infiammò la fantasia dei surfisti di tutta Italia),  a Lillatro e in altri spot tra Liguria e Toscana. Dave usò sempre quella tavola, diceva che non aveva mai avuto una tavola così versatile. L’abbigliamento T&C è stato distribuito in Italia fino ai primi anni del 2000 da Zed Cordoni, che sponsorizzò alcune tappe del circuito italiano Fisurf nel 1998, inclusa una mitica gara a Porto Ferro con onde sui tre metri. Poi con la chiusura del distributore europeo, game over, T&C sparì. Che dire, T&C è uno di quei marchi che quando lo vedo, mi batte il cuore e mi vengono in mente mille immagini. Mi farà piacere rivederlo in giro, la mia t-shirt con lo yin e lo yang è già prenotata. Aloha!

Testo e foto:

– Alessandro Dini –

Capitolo 7 - Town & Country: i poli estremi dell'isola di Oahu
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