Ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Fisiche della Terra e dell’Ambiente, Università di Siena.
In un recente studio dell’Università di Siena e dell’Università di Palermo, svolto nell’Arcipelago Toscano, sono state studiate la frequenza e l’abbondanza delle microplastiche ingerite da otto specie di pesci con abitudini alimentari diverse (acciuga, sardina, boga, sgombro, sugarello, potassolo, nasello e triglia di fango).
In 98 dei 396 pesci analizzati (25%) sono state trovate microplastiche nello stomaco. La boga ha rivelato le concentrazioni più alte, dove il 37% di individui contenevano plastiche nel loro tratto gastrointestinale, seguita dalla sardina (35%). Fortunatamente, quando presenti, le particelle ingerite sono in media 1-2.
Lo studio ha evidenziato come le abitudini alimentari delle specie sembrino influenzare la diversità di ingestione delle microplastiche. In sintesi, pesci con una nicchia trofica più ampia, ovvero che si nutrono di diverse fonti di cibo e con strategie alimentari diverse (come la sardina, la boga e l’acciuga) e non strettamente predatori (come il nasello) si sono rivelati i più impattati dalle microplastiche.
Va sottolineato infine come la presenza di microplastiche in determinate specie non ha alcuna relazione chiaramente con la sicurezza alimentare o l’impatto sulla salute umana, dato che questi animali riescono per fortuna a espellere le particelle autonomamente nella maggior parte dei casi, e nel peggiore di questi noi evisceriamo gli esemplari prima del consumo!
Le ricerche dell’Università di Siena si concentrano adesso soprattutto sugli effetti che la presenza della plastica può causare a questi animali, per capire se possono rilasciare contaminanti e plasticizzanti che impattano sulla loro salute, e quelli sì, stavolta anche sulla nostra!