CAPITOLO 4. LA MIA PRIMA GARA ASP:
FOSTER’S MASTER – NEWQUAY 1984.

FOSTER’S MASTER
Poster Vitamin Sea: La Natural Surf importava direttamente dalla Vitamin Sea le tavole Mark Richards e Cheyne Horan

LA MIA PRIMA GARA ASP: FOSTER’S MASTER – NEWQUAY 1984.

Era l’ultima settimana di un caldissimo agosto, l’agosto del 1984. A Natural Surf, ancora situato nella sua prima sede, in via Don Bosco a Viareggio, c’era molto fermento. Da un paio d’anni, ancora prima di aprire il primo “puro” surf shop italiano (non windsurf shop), sognavo di assistere dal vero a una gara del circuito mondiale professionistico. Ero già stato in Cornovaglia nell’agosto del 1982, dove avevo scoperto l’esistenza di importanti aziende e una realtà surfistica, per certi aspetti superiore anche a quella francese. Conobbi il boss della Gul wetuits e poi lo shaper Tad Ciastula, owner della Vitamin Sea che a quel tempo distribuiva per l’Europa le tavole Mark Richards e Cheyne Horan. Feci conoscenza con i leash della Cosmic, da noi soprannominati gli “spezza-poppe”, perché erano così tosti che prima di rompersi ti tagliavano la poppa. Fu proprio durante quel primo viaggio a Newquay che pensai di aprire un surf shop interamente basato sul surf da onda, una scelta mai rimpianta. Le mute Gul poi, segnarono in Toscana un’epoca: tutti i pionieri del surf le indossarono per anni, da Francesco Farina a  Ario Bertacca, da Michele Dini al compianto Roberto Favilli. Quando Tad Ciastula, da me ospitato l’anno prima a Viareggio, mi invitò a visitare la sua shaping factory, non ci pensai due volte e organizzai la trasferta in concomitanza con la dodicesima tappa del mondiale ASP: il prestigioso Foster’s Masters. Oltre a me, la squadra era composta da mio fratello Michele, Ario Bertacca e Adriano Della Latta (in seguito fantastico segretario della Fisurf sotto la mia presidenza). Premetto che non ricordo di aver mai riso tanto in vita mia, le gag e le situazioni si susseguirono con un ritmo incalzante. Partimmo il 22 agosto dall’aeroporto di Pisa (non ricordo se Ario o Michele, ma uno dei due sparò una bella vomitata dopo il take-off) e atterrammo a Gatwick. Classico taxi nero lucido per Victoria Station (Ario togliendosi lo zaino lo sbatacchiò nella portiera del taxi facendoci una bella tacca). Poi, il trenino per Newquay. Arrivati al negozio/factory Vitamin Sea, fummo accolti con sorpresa: l’alto, biondo, barbuto Tad Ciastula non aveva preso sul serio la mia telefonata dove gli dicevo che saremmo arrivati quel giorno. Ci portò a casa sua e ci mostrò un salotto dove disse semplicemente “potete arrangiarvi qui”: un divano, una poltrona… Io risposi che non volevamo assolutamente creare problemi e che gli avevo chiesto di prenotarci un hotel, ma lui insistette affinché ci arrangiassimo come meglio credevamo in quell’angusto salottino. Ci dormimmo una o due notti, non ricordo bene, poi affittammo una casetta in centro a Newquay, dove scoprimmo che uno dei nostri vicini era Tom Carroll.

Appena sistemate le nostre cose, chiedemmo a Tad di andare a vedere lo spot di Fistral Beach, la spiaggia principale di Newquay. Si scusò di non poter venire con noi e ci mostrò la strada. Arrivati in cima alla scogliera, fummo colpiti da uno spettacolo desolante: piatto! Insurfabile. Sulla spiaggia era già montata una gran brutta struttura in tubi innocenti, addobbata di striscioni della ASP e della nota birra Foster. Non c’era internet e consultare le previsioni meteo era davvero difficile. Tornammo alla Vitamin Sea, dove il boss ci disse che per i prossimi giorni non era attesa nessuna swell significativa, al massimo 1 o 2 piedi entro 48 ore. Dramma: che fare? Tad ci mise a disposizione una macchina scassatissima che a volte partiva, altre no. Per fortuna le forti braccia e gambe del nostro gigante ‘buono ma non troppo’ (Ario), si rivelarono utili per le partenze a spinta. In attesa che la gara partisse, passammo un paio di giorni in giro per Newquay, comprando alcuni souvenir e incontrando per le viuzze del ridente paesino gente come Tom Carroll, Tom Curren, Simon Anderson, etc… Al terzo giorno, un furgone bianco (se ben ricordo un Ford Transit) guidato da un baffuto signore si presentò alla factory. Era il principale fornitore di resine, tessuti e altro materiale utile per la costruzione di tavole: mister Bill Murray di Seabase, tutt’ora ben attivo e inserito nella surf industry. Con una gentilezza e una cortesia tipicamente english (poi scoprimmo che era di origine neozelandese), ci svelò che un posto dove di sicuro si poteva surfare qualche onda era la spiaggia di Penhale, dove si offrì di portarci col suo furgone. Non ce lo facemmo ripetere due volte e dopo alcuni minuti eravamo pronti con le nostre mute Gul e le tavole. Una mezz’ora più tardi il furgone imboccò una stradina che conduceva verso le dune. Un soldato ci fece segno di fermarci. Bill mostrò un tesserino e la sbarra si alzò. Era un’area militare chiusa al pubblico, ma essendo stato un militare di alto grado, lui poteva entrare. Ci cambiammo in fretta ed eravamo pronti a scendere le alte dune, quando Bill ci fermò. “Mettete i piedi dove li metto io, attraverseremo un campo minato”.  Dopo il thriller, finalmente entrammo in acqua, c’era il classico “metrino”, che ci rimise in uno stato d’animo positivo. Bill diventò il nostro idolo in Cornovaglia. Il giorno dopo, grazie a una piccola swell, la gara ebbe inizio. La spiaggia si riempì di gente fin dalle prime ore del mattino e potei sfoggiare la mia Minolta. Ben presto mi resi conto che per fare delle foto decenti non potevo contare su un obiettivo 100mm. Il primo round mise subito in chiaro che i big wave riders e i surfisti di corporatura pesante non avevano molte chance su onde così piccole e prive di potenza. Uscirono al primo turno nomi come Derek Ho, Gary Elkerton, Tony Moniz,  Vince Klyn… Vedermi passare accanto personaggi fino ad allora visti solo sulle riviste americane o su quei rari VHS che chissà per quale disegno divino arrivavano al Natural Surf, meritava per me il viaggio. Uno dei miei surfisti preferiti del tempo era il sudafricano Shaun Tomson, ma dovetti attendere il giorno dopo, al round 2, per vederlo in azione. Non dimenticherò mai il momento in cui lo speaker annunciò il suo nome, per invitarlo ad entrare in acqua nella prossima heat. Tutte le signore, giovani e meno giovani, presenti in spiaggia si alzarono per chiedergli un’autografo o per farsi scattare una foto. Shaun era considerato il più bello dei surfisti del circuito, e in effetti, un fisico statuario che Michelangelo avrebbe volentieri preso da modello, e un volto da divo del cinema, ne facevano un vero e proprio sex-simbol. Solo Slater, dopo di lui, ha provocato delle migrazioni di pubblico femminile in spiaggia… Per la cronaca Shaun, uno dei pochi “omoni” a performare bene anche in condizioni small, riuscì a battere Bryce Ellis e arrivò fino alla semifinale, battuto dal biondissimo Cheyne Horan. Un altro dei miei idoli era Tom Curren. E qui parlo ai più giovani: se volete vedere un esempio di stile, andate a vedervi alcuni video di Tom

Osservate bene quanto si pieghi bene sulle ginocchia e schiacci il sedere sulla tavola nei cut back (per quei tempi), ma soprattutto ammirate la fluidità, la compostezza e il suo bottom turn, a tutt’oggi da manuale. Due anni prima, nel 1982 vinse il mondiale Junior, e subito si capì che una nuova stella, la più scintillante, era approdata nel circuito professionistico. La sua classe e la collaborazione con Al Merrick, che portò alla creazione della squash tail, hanno portato il surf a un livello mai visto prima, e tracciato la strada per i surfisti futuri, leggi Kelly Slater. Altra star era Tom Carroll, campione del mondo in carica (1983), titolo che avrebbe bissato a fine stagione. Curren lo avrebbe imitato vincendo anche lui due mondiali consecutivi nel 1985 e 1986. Poi… beh, c’erano gli uscenti, campioni che avevano vinto tutto ed erano agli ultimi spari: Simon Anderson, Wayne Bartholomew Rabbit, Michael Ho… Tra i giovani da seguire ce n’erano tre da seguire attentamente: Barton Lynch, Mike Parson Mark Occhilupo, che debuttò proprio quell’anno nel circuito ASP). Già molto noti “overseas”, in Europa erano conosciuti solo da chi godeva di un abbonamento con le riviste americane: Surfer e Surfing magazine. Uno dei giovani era Martin Potter, da soli tre anni nel circuito, ma già con una solida esperienza alle spalle. Infatti, in finale “Potz” riuscì a battere il veterano “Bronzed Aussies” Cheyne Horan, in una finale svoltasi in un pomeriggio nuvoloso, con brutte onde sul metro. A parziale scusa delle foto, scandalosamente di bassa qualità, posso solo dire che al momento avevo appena iniziato a scrivere alcuni articoletti su Wind Surf Italia, e avevo un’attrezzatura che dire amatoriale è dir poco.

Concludo questa pillola di storia dicendo che molte delle wild card locali che parteciparono al primo round di questa (per me) indimenticabile gara (come Paul Russell e Nigel Veitch), li avrei rivisti un anno dopo al pontile di Forte dei Marmi quando organizzai la prima gara europea mai svoltasi in Italia, nel maggio del 1985, vinta da Carwyn Williams.

Alla prossima …

Alessandro Dini

Alessandro Dini

Uno dei pionieri del surf in italia ... uno che ha fatto davvero tanto per far crescere il surf nel nostro paese, dallo sportivo al venditore, dal redattore e scrittore della prima rivista di surf tutta italiana al istruttore di giudici ISA, etc ...

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