Sons : “ciao Alessandro, raccontaci qualcosa di te … “
Alessandro : “Sono nato a Viareggio nel giugno del 1960. Oggi sono sommelier A.I.S. e direttore del Wine Bar “Il Pontile sul Mare” a Lido di Camaiore, da dove giornalmente osservo alcuni dei migliori surfer versiliesi surfare intorno ai piloni. “
Sons : ” siamo sicuramente tutti curiosi di sapere l’inizio del surf in Italia … “
Alessandro : “Fin da piccolo ho passato le estati a sguazzare tra le onde viareggine e a sognare di far l’oceanografo e salire sulla Calypso di Jacques Cousteau. Ho iniziato a fare surf, con assiduità nel 1982, prima saltuariamente. Devo dire che mio fratello Michele, insieme al compagno di scuola Francesco Farina, avevano iniziato almeno 3-4 anni prima, ma io giocavo a calcio e ogni tanto andavo con loro. All’inizio li guardavo con una certa perplessità, ma ben presto ho appeso le scarpette al chiodo e sono diventato un po’ il loro “tutor”, portandoli per la prima volta sull’oceano, a Biarritz. Nell’arco di un paio d’anni, il surf è diventata la cosa più importante delle mia vita, ma in Italia non esisteva nulla: non c’erano surf shop, non si trovava nulla: né leashes, né tavole, né mute. Esistevano dei negozi che vendevano windsurf, che avevano una tavola in vetrina (ricordo quelle non in vendita ma a mò di esposizione della Ocean Pacific), ma nessun accessorio surf. Decisi allora di aprire il primo surf shop veramente specializzato sul surf da onda, e nel dicembre del 1982 nacque così a Viareggio Natural Surf. Importavo tavole, mute, laccetti, e altro che poi negli anni seguenti avrei distribuito anche ad altri shop, come il mitico Hoasy Surf di Livorno. Nel 1985 mi trasferii in darsena e Patrizio Jacobacci diventò un mio commesso (pochi anni dopo vendetti a lui le mie quote quando decisi di aprire la prima rivista italiana di surf).Nell’ottobre del 1981 avevamo fondato il primo surf club italiano: Italia Wave Surf Team, che dopo aver partecipato con una squadra tutta versiliese alla prima trasferta di un team italiano in una manifestazione internazionale (EuroSurf Les Sable D’Olonne, Francia 1987), visse fino al 1991 quando si trasformò in A.S.I. (Associazione Surfisti Italiani), poi riconosciuta Disciplina Associata dal CONI nel maggio del 1997 prendendo il nome di F.I.Surf., di cui fui eletto all’unanimità dei voti Presidente. Visto che la vostra associazione ha sede a Livorno, lasciatemi ricordare che tra i primi surfisti toscani ci sono i fratelli Romano (Marco e Michele, seguiti poi dal Sole Rosi, Andrea Conforti e Valerio Mastracci, tutti hanno fatto parte almeno una volta del team Italia). Dei primi anni ricordo le tavole costruite da noi, grezze, inguardabili ! e le corde che mettevano a dura prove le tue caviglie. Ricordo anche il freddo e la difficoltà di movimenti nelle mute da sub o nelle “spezzate” (salopette e giacchino neoprene)… E anche i goffi tentativi di curvare su quelle ingovernabili tavole a una pinna. Ma tutto cambiò al rientro da Biarritz, dove acquistammo mute, tavole e lacci in abbondanza. Fondammo il suddetto club e ogni weekend andavamo a surfare al pontile di Forte dei Marmi e in giro per la Toscana. Scoprimmo che a Massa c’era un altro surfista, Mario “Pampino” Chiaramonte, con il quale ci incontrammo a Forte dei Marmi e diventammo amici. Sempre al pontile incontrammo i fratelli genovesi Fracas, Marco e Alberto. Nel 1989 conobbi Carlo Piccinini che aveva aperto a Fiumicino forse il primo vero surf shop laziale, Dirty Surf. Insomma, verso la fine degli anni 80 si erano sviluppati vari focolari in tutta Italia. Decisi di vendere Natural Surf e di fondare la prima rivista italiana di surf. Da anni scrivevo alcune pagine su Windsurf Italia, curando la rubrica O’Zone, prima di me gestita da Gilberto Bonasegale. Grazie al successo della rubrica, riuscii a convincere l’editore (Angelo Berto) a fondare “Surf Magazine” (poi diventata Surf Latino nel 1995). Diventai così il primo photo-reporter italiano a seguire stabilmente il circuito professionistico ASP. Il mio merito credo sia stato di andare a trovare tutti i suddetti focolai (nel 1990 andai in Sardegna dove incontrai Pietro Porcella e Maurizio Spinas e nacque il Sardinia Surfing Association) e a convincerli a fondare un’associazione che raggruppasse tutti i vari club nati o che sarebbero nati a breve. Credo che tutte queste “prime” mi abbiano attirato molte simpatie ma anche tante invidie e accuse di “arricchirmi” con il surf, e questo mi ha molto addolorato perché di gente che si è arricchita con il surf in Italia non ne ho ancora conosciuta, anzi, ne ho viste tante rimetterci tanti soldi. Comprese grandi multinazionali. Tant’è, che oggi per vivere mi sono dovuto rivolgere alla mia seconda passione: il vino e il cibo. In ogni caso, tirando sempre avanti per la mia strada con passione e onestà, agli inzi degli anni ’90 dopo aver fondato la rivista, ho iniziato a girare il mondo e a conoscere in pratica i più grandi personaggi mondiali, dalla regina di Makaha Rell Sunn a Kelly Slater. Sono riuscito a convincere molti di questi big a visitare l’Italia, contribuendo alla diffusione della cultura del surf, dei primi corsi giudici ed istruttori, etc… In qualità di rappresentante E.P.S.A. ho portato, per quasi un decennio (1991-2000) le gare dell’European Professional Surfing Association in Italia, cosa mai più successa in seguito. Alcuni dei surfisti più forti d’Europa, poi entrati tra i professionisti del circuito mondiale (come Miki Picon o Tiago Pires) sono venuti a gareggiare in Italia, a Viareggio, Forte dei Marmi, Buggerru e Santa Marinella. Poi, nel novembre del 1999, ho preso una decisione radicale: lasciare tutto, rivista e federazione per accettare il ruolo di marketing & team manager Italia per Quiksilver e Roxy, proposta avanzatami direttamente da Mr. Sunset, ovvero Jeff Hakman. La migliore decisione che potevo prendere. Iniziò un periodo magico, durante il quale mi occupai, tra le molte altre cose, di formare il team Quiksilver/Roxy e di organizzare eventi. Quasi tutti i più forti e noti surfisti italiani (alcuni sono ancora oggi in attività), sono stati scoperti tra il 2000 ed il 2007 grazie a eventi come il King of The Groms, o il Quiksilver Trophy che organizzavo ogni anno sul territorio italiano. Solo alcuni nomi: Roberto D’Amico, Filippo Orso, Nicola Bresciani, Valentina Vitale, Simone Simi, Alessandro Clinco, etc… Ricordo che Leonardo Fioravanti partecipò all’edizione del King Of The Groms del 2004 a Viareggio. Aveva 6 anni e gareggiò con mio figlio Jacopo. Pochi anni dopo sarebbe entrato nel team Quiksilver. Nel 2008 lo seguii come team manager Italia, organizzando photo shooting e allenamenti in giro per l’Italia. Poi passò nel team europeo sotto l’amico e collega Belly (Stephen Bell), trasferendosi presto a Hossegor. Il resto è storia attuale. In quei magici, indimenticabili 10 anni credo di avere dato un grosso aiuto allo sviluppo del surf italiano, proponendo a Quiksilver di sponsorizzare eventi di vario tipo (non solo le gare): proiezioni di surf movie, tour di leggende e di shapers in ogni parte d’Italia, surf party, esibizioni di surf-art, etc.. Ho l’orgoglio di aver portato in Italia personaggi come Jeff Hakman, Mark Richards, Gary Elkerton, Martin Potter, Dave Kalama, Simon Anderson, Wayne Lych, Phil Grace, Christian Bradley, Mark Phipps, Tom Carroll, Lee-Ann Curren, Aritz Aranburu, Titus Kinimaka, Rusty Keaulana, Duane De Soto, Joel Tudor, Beau Young, Nat Young, Ross Clark Jones, Kelly Slater e molti, molti altri. “
Sons : ” è cambiato molto il surf ?”
Alessandro : “Paragonando le varie epoche, devo dire che si, un po’ di romanticismo si è perso. Ricordo con piacere quando ci si trovava presto la mattina per la ronda dell’alba in cerca del migliore spot. Non ci si fidava ancora delle previsioni e le webcam non esistevano ancora. Si partiva da Piazza Mazzini e, se era ventoso, magari si finiva a Baratti, o a Lerici (colgo l’occasione per salutare uno dei pionieri del surf ligure, attuale sindaco di Lerici, Leonardo Paoletti). In quei tempi, il compagno di viaggio più assiduo era, oltre al fratello Michele, Ario Bertacca, il gigante buono (mica tanto…). Poi, dai primi anni 90, Patrizio Jacobacci, Stefano Giuliani, Jacopo Migliorini, da me spesso immortalati su Surf Magazine e poi Surf Latino. Ma in fondo, il surf è cambiato poco: ci si deve muovere, internet o non internet le condizioni vanno verificate al momento, sul posto, e il viaggio sarà sempre una componente fondamentale della vita di un surfer. Quello che invece è cambiato, e che non mi piace, sono le aspettative di alcuni genitori dei surfisti giovani. (non tutti, c’è anche chi gestisce la cosa in maniera serena e intelligente). Mi spiego meglio per non offendere nessuno. Ai miei tempi, il surfista era uno spirito libero, svincolato dal controllo genitoriale. Si andava con gli amici, si imparava da loro, e se si decideva di partecipare a una gara, lo si faceva per cimentarsi, mettersi alla prova. Si, la voglia di vincere c’era, ma c’era anche la consapevolezza che vincere una gara, o anche diventare campione italiano, al massimo ti facevano trovare uno sponsor che ti aiutava a spendere meno. Chi si gasava c’era e sempre ci sarà, ma in generale si sapeva che si stava portando avanti una passione e uno stile di vita e che prima o poi c’era da mettersi o a studiare o a lavorare… o a continuare a vivere di surf, ma senza troppe pretese. Oggi, soprattutto con il surf nelle olimpiadi, ci sono aspettative a mio parere esagerate e mi sembra di capire che il surf sta diventando (purtroppo) un po’ come il calcio, dove molti genitori diventano coach/manager dei propri figli, sperando nel Kelly Slater del futuro. Dettano loro orari di allenamenti, dove stare sul picco, quale onda prendere… E poi c’è chi lucra su queste “aspettative olimpiche”, ma questa è una storia di cui altri dovrebbero occuparsi. Insomma, credo che tutto ciò non sia molto positivo, ma posso anche sbagliarmi, forse sono troppo romantico… “
Sons : ” come vedi la nostra nazione nel mondo del surf ?”
Alessandro : ” se l’Italia è pronta a competere con la nazioni più blasonate? direi no. O meglio, a livello individuale abbiamo degli ottimi atleti, primo fra tutti Leo Fioravanti, ma anche Edoardo Papa e altri possono fare molto bene in una competizione di alto livello. Ma a livello di squadra ero, sono e sarò sempre del parere che in Italia non ci sono, almeno per i prossimi 5/10 anni, le competenze necessarie per disporre di un vero programma di coaching. E’ necessario ricorrere a coach internazionali di DECENNALE esperienza. Lo hanno capito molte nazioni giovani, che non a caso ci stanno superando nei ranking internazionali, come la Germania, quasi sempre dietro noi, oggi nona nel mondo negli junior! (per la cronaca noi siamo venticinquesimi).”
Sons : ” vuoi aggiungere qualcosa ?”
Alessandro : “Last but not least, desidero terminare con alcune considerazioni sull’ambiente e con dei ricordi. Nel 1993 ero alle Hawaii, nel porto di Haleiwa. Alcuni giorni prima un bodyboarder locale era stato ucciso da uno squalo tigre. Per vendetta, i pescatori avevano organizzato una inutile caccia allo squalo. Appesi sulla banchina del porto c’erano alcuni grossi squali di varie specie, ai quali venivano tolte le mascelle con grossi e affilati coltelli. Ebbene, questo episodio mi fece simpatizzare con questi pesci che da prima di noi abitano il nostro pianeta e hanno il solo torto di essere dei micidiali predatori. L’ignobile fenomeno del finning, alimentato dal consumo di zuppa di pinne di squalo, mi ha spinto tre anni fa a pubblicare il mio secondo romanzo (L’Ultima Onda), che tratta proprio di ciò. Spero, tramite una storia di surf, di sensibilizzare il popolo surfistico al rispetto della flora e della fauna marina.”
Sons : “Tra le tue varie attività, ultimamente abbiamo notato quella di scrittore di thriller. Che tipo di libri scrivi e come hai deciso di darti alla scrittura?
Alessandro : “Mi è sempre piaciuto sia scrivere che leggere, in particolare i classici gialli. Rex Stout (Nero Wolf) è il mio preferito per la logica serrata e inesorabile con chiude chiude i casi. Ho deciso di scrivere gialli ambientati nel mondo del surf professionistico perché mi piaceva l’idea di creare questa figura di surfer/detective, Andrea Del Bono, primo italiano a diventare un surfer professionista. E’ innegabile che Leonardo Fioravanti mi ha ispirato, però ci tengo a dire che ho pubblicato il mio primo romanzo “Sale Grosso” nel 2013, ben due anni prima che vincesse il titolo di Campione del Mondo Junior ISA, quando era ancora una promessa poco nota. Ma il vero protagonista dei miei gialli surfisti è il tema ambientale. In “Sale Grosso” Andrea Del Bono ha a che fare con una lite tra le multinazionali del surf per accaparrarsi la prima resina 100% eco-compatibile, mentre ne “L’ultima Onda” egli deve vedersela con la temibile mafia di Taiwan che alimenta e gestisce il commercio di pinne di squali. Alcune avventure di Del Bono prendono spunto da fatti che ho realmente vissuto, ma in generale si tratta di pura fantasia. Spero con i miei racconti di fare un po’ di cultura surfistica, ma soprattutto sensibilizzare i surfisti al rispetto dell’ambiente marino, compreso il tanto bistrattato squalo bianco”.
Sons : ” vuoi ringraziare qualcuno ?”
Alessandro : “Se voglio ringraziare qualcuno? Si, tutti quelli che vorranno darmi testimonianza del loro apprezzamento per quello che ho dato al surf italiano, visto che ogni tanto salta su qualcuno che tenta di prendersi meriti non suoi. Ma la verità, si sa, prima o poi emerge sempre, e alla mia età fa piacere ricevere un po’ di gratitudine”. Gran parte di quello che ho qui raccontato, per chi abbia voglia di verificare, è riscontrabile su vecchie riviste come Windsurf Italia, Revolt, Surf magazine, Surf Latino, Surf News, Windsurf Italia e su siti come Surfcorner.it e Surftotal.it “
Bibliografia:
non finiremo mai di ringraziarti per aver voluto onorarci di questi reperti storici …