Noi :”Ciao Massimo, fai una tua presentazione …”
Massimo :”Ciao a tutti, sono Massimo Bonadei, ho 33 anni e vengo da Trescore Balneario, un paese della provincia di Bergamo.
Dai 20 anni ai 31, quando ho lasciato l’Italia nel 2016 per viaggiare, ho principalmente lavorato nel settore edile ma, da amante del mare e subacqueo, ho sempre assecondato gli stimoli che mi portavano continuamente alla ricerca di attività che potessero fare del mare un fattore quotidiano, una professione… non solo un hobby. Il rispetto di esso é sempre stata una cosa dovuta, scontata … l’avvicinamento alla conservazione (sebbene non da scienziato) é stata una normale conseguenza.
Cosi, nemmeno tanto per caso, ho conosciuto Sea Shepherd.”
Noi :”Cos’è Sea Shepherd ?”
Massimo :”Sea Shepherd nasce nel 1977 come organizzazione conservazionista che, fondata e guidata da Paul Watson, ha sempre fatto dell’azione diretta il suo punto di forza, nonché caratteristica distintiva rispetto ad piccole o grandi organizzazioni simili.
Azione diretta appunto che, unita all’investigazione, alla documentazione e soprattutto negli ultimi anni alla cooperazione con alcuni governi, fanno di Sea Shepherd un movimento globale che riguarda e coinvolge ciascuno di noi, dalla singola persona che decide per una giornata di dedicare del tempo alle nostre attività di divulgazione o pulizia spiagge, ai rappresentanti dei governi che instaurano collaborazioni durature impiegando forze militari e ufficiali per fermare la pesca illegale.
Sea Shepherd siete anche voi che, attraverso la vostra rivista, fate emergere I problemi legati alle tematiche ambientali che, sebbene interessino (purtroppo) a poche persone, coinvolgono veramente tutti.”
Noi :”Come ti è venuta la voglia di entrare a far parte di questo “movimento ” in maniera attiva ?”
Massimo :”Come penso di aver già accennato, la passione per il mare é stato il principale innesco di tutte le idee, scelte ed esperienze che riguardano la mia vita, soprattutto negli ultimi dieci anni.
Ricordo ancora bene quando, tornando ad immergermi negli stessi siti dove ero stato 7/8 anni prima, mi trovavo in scenari radicalmente cambiati, spogliati di vita e colori.
La subacquea e stata per me il filtro che ha restituito le giuste proporzioni ai problemi che tutti i giorni avevo sotto il naso, motivandomi a fare qualcosa per contrastarli.
L’informazione, di conseguenza, é stato il primo passo.
Non é stato difficile risalire a Sea Shepherd, e tantomeno ad innamorarmi istantaneamente dell’immagine cazzuta (scusate) che quest’organizzazione trasmette.
Era il 2008/2009 quando mandai l’application per raggiungere gli equipaggi in mare, ma come scoprii successivamente, ci fu qualche problema a livello di gestione contatti, infatti, dopo un primo scambio di mail, non ricevetti più risposte.
Incominciai a vedere Sea Shepherd come una cosa lontana, piuttosto irraggiungibile, fino a quando nel 2011 scoprii tramite Facebook l’esistenza di un gruppo italiano che poi raggiunsi nel 2012, quando entrai a fare parte dei volontari di terra locali. Il resto é stato un susseguirsi di eventi abbastanza naturale… infatti quando, lasciando l’Italia, mi sono trovato finalmente con molto “tempo libero”, dopo aver viaggiato per un anno e mezzo nel continente americano, ho deciso che era giunta finalmente per me l’ora di raggiungere gli equipaggi in mare.”
Noi :”Dove siete presenti con le vostre “missioni” ?”
Massimo :”Si può dire che nel corso degli anni l’organizzazione é arrivata più o meno dappertutto… dalle campagne antartiche per le balene e il merluzzo, al Canada per le foche e salmone… diverse campagne nei mari in nord Europa come in scozia per le foche, mar baltico per le focene e la famosissima Grindagrap alle isole Far Oer..
Est e ovest africa contro la pesca illegale con diverse campagne, cosi in oceano indiano. Golfo del Messico condiverse operazioni e collaborazioni con le autorità in Costa Rica ed Ecuador…
Dal mar Mediterraneo all’Australia con campagne sia a terra che in mare…
Le campagne, tra passate e in corso di svolgimento, sono davvero tantissime…
Invito chiunque a fare una visita sul sito italiano www.seashepherd.it ,
é fatto molto bene, aggiornato e sicuramente più esauriente di quanto io possa essere.”
Noi :”In quale campagna sei stato presente? E su quali imbarcazioni ?”
Massimo :”La mia prima campagna é stata Jeedara II nella grande baia australiana, arrivata dopo 6 mesi passati in porto per riparazioni a bordo della Steve Irwin, nave ammiraglia della flotta. Si é trattato di una breve campagna mediatica in collaborazione con la BBC e scienziati dei dipartimenti ambientali australiani, mirata alla conservazione dell’habitat della baia.
Ora invece mi trovo in West Africa, dove stiamo pattugliando le acque gabonesi per fermare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, in collaborazione con gli ispettori dell’ANPA e I soldati della Marine Nationale, entrambi a bordo con noi per fare valere la loro autorità. Questa per me e la seconda campagna in mare, Operation Albacore.
Ho avuto modo di partecipare inoltre nel 2014 alla prima campagna italiana a terra, Operazione Siracusa, mirata alla salvaguardia dell’Area protetta del Plemmirio.”
Noi :”Ci sono dei ruoli all’Interno della nave o tutti sapete fare un po’ tutto ? Qual’e il La tuo ?”
Massimo :”L’operatività della nave é garantita da diversi dipartimenti, ognuno con le proprie mansioni.Il bridge, costituito da Capitano, ufficiali e quartermastri, si occupa principalmente della navigazione e altre mansioni, come garantire l’efficienza dei vari dispositivi di emergenza collocati nelle varie aree della nave e il conseguente training di tutto l’equipaggio.
La Engine Room, costituita da meccanici e ingegnieri, provvede al corretto funzionamento di ogni singolo apparato meccanico, elettrico e idraulico, e alla manutenzione tecnica di questi.
La galley, cucina, provvede ovviamente a sfamare l’equipaggio e a mantenere le scorte sempre sufficienti tramite inventario. Anche se non ho molto da dire al riguardo a livello di dettagli, credo sia la mansione piu faticosa a bordo.
Il deck, dipartimento del quale faccio parte, é costituito dai marinai, provvede alla manutenzione generale, pulizia giornaliera della nave e tutte le azioni che riguardano la coperta. Riparazioni, modifiche, tinteggiatura e manutenzioni varie non sono le uniche cose all’ordine del giorno, infatti i deckhands sono chiamati all’ordine per il lancio di small boats, operazioni con la gru, recupero reti ecc.
Il dipartimento media, costituito da fotografi, videografi e spesso da giornalisti che si uniscono ai nostri equipaggi, provvede a documentare le nostre azioni passo per passo, non solo per scopo informativo o documentaristico, ma per registrare prove tangibili al cospetto di illegalità.
Il dipartimento medico, che garantisce la salute di tutte le persone a bordo, soprattutto nelle lunghe campagne, dove I rischi di contaminazioni di malattie (non per forza gravi), posso mettere KO un intero equipaggio in pochi giorni, dal momento che viviamo così a stretto contatto.”
Noi :”Raccontaci, se possibile, un aneddoto particolare che ti è capitato durante una delle tue missioni ?”
Massimo :”La mia esperienza con Sea Shepherd, riguarda principalmente l’Australia e il west Africa, per cui non posso dire che siano successe cose troppo fuori dall’ordinario, come episodi riscontrati in precedenti campagne antartiche, in condizioni di reale pericolo, a latitudini estreme… molte delle cose che si possono vedere facilmente in rete e che han reso l’organizzazione famosa.
Tuttavia ho sono rimasto davvero colpito in Operation Jeedara dalla bellezza delle isole Flinders, Pearson, Ward e Off Top Gallant, disabitate (o quasi), dove l’interazione dell’uomo con le specie animali e sempre stata pressoché inesistente ed ho avuto l’occasione di immergermi con le troupe BBC in mezzo ai leoni marini.
Per quanto riguarda Op. Albacore qui in Gabon invece, mi é stato chiesto di accompagnare sott’acqua Tim, un nostro responsabile media, per riuscire a documentare da vicino cio che accade nelle reti, quando vengono recuperate dalle purse- seiners.
Non mi ero mai immerso nel sangue… si perde subito il compagno ed ogni punto di riferimento, rischiando inoltre di rimanere impigliati nelle reti, sebbene dall’esterno.
Queste, una volta strette, si muovono a seconda dell’impeto delle tonnellate di pesce catturato. Gli squali fuori dalle reti ci saettavano vicino impazziti attratti dal sangue e avrebbero voluto raggiungere le prede intrappolate ma non potevano.
La parte finale del recupero consiste nel rilasciare squali, mante rey, tartarughe, delfini… praticamente tutte le specie che non possono essere pescate ma che vengono catturate nelle immense reti. Ovviamente, nella maggior parte dei casi, questi animali vengono rilasciati morti, o quasi, schiacciati dal peso del pesce sovrastante o semplicemente perché rimasti fuori dall’acqua troppo a lungo.
Durante il rilascio di uno squalo martello adulto, ricordo che questo dava ancora qualche segno di vita a lievi colpi di pinna… di conseguenza io e Tim abbiamo provato a sollecitarlo alla vita spingendolo, ma non é rimasto nient’a altro da fare che guardarlo inabissarsi inerme.
Decisamente uno dei momenti più forti vissuti in quest’esperienza.”
Noi :”Siamo messi così male da dover lottare per proteggere i nostri mari ?”
Massimo :”Le mie conoscenze non mi permettono di poter parlare troppo in cifre, riguardo la situazione ambientale di oggi ma, tuttavia, non é un mistero il fatto che stiamo facendo di tutto per rovinare questo pianeta.
Telegiornali e riviste parlano odiernamente del problema plastica, di quanto e come incide odiernamente sull’ecosistema. L’80% dell’inquinamento marino e costituito da plastica, dovuto soprattutto all’utilizzo incontrollato della stessa. Basti pensare che oggi si produce venti volte più plastica rispetto a 50 anni fa e solo il 20% della plastica prodotta viene smaltita adeguatamente.
Ricordo inoltre che qualche anno fa fece molto parlare la notizia, basata su stime scientifiche, in cui si parlava del 2048 come l’anno della scomparsa definitiva del pesce, con conseguente collasso dell’ecosistema oceano, dovuta a decenni di pesca intensiva. A livello europeo, le quote di regolamentazione del pescato che avrebbero dovuto fare fronte a questo fenomeno di sovrasfruttamento, sono state decrementate per un paio di anni e poi di nuovo “misteriosamente” incrementate.
La pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata gioca un’immensa e perlopiù incontrollabile parte in questo scenario, soprattutto perché sono ancora pochi I governi disposti ad investire risorse per contrastare questo problema. A volte si tratta di paesi in cui lo stanziamento di mezzi e risorse umane, é impossibilitato da una situazione economica gravante sugli stessi. Altre volte invece il discorso é puramente politico.
Il ruolo di Sea Shepherd é cercare di colmare le lacune di applicazione delle leggi vigenti, coprendo aree che dovrebbero essere pattugliate militarmente da stati membri delle commissioni di conservazione o, come sta avvenendo in Africa, fornendo supporto marittimo a paesi che non dispongono di questi mezzi per proteggere le proprie acque.”
Noi :”Quali sono le specie più a rischio ?”
Massimo :”Difficile dirlo, il numero di specie a rischio aumenta abbastanza rapidamente con gli anni… facendo un esempio, quando parliamo di 100 milioni di squali uccisi ogni anno per soddisfare esigenze alimentari, cosmetiche e ornamentali, viene istintivamente da chiederci a quanto potrebbe ammontare il numero totale degli squali nel mondo… e anche pur non sapendolo, non é difficile arrivare alla conclusione che 100 milioni di squali uccisi ogni anno non é un numero che può garantire sostenibilità nel tempo.
In Europa il 30% circa delle specie di pesce destinate al circuito alimentare sono già state dichiarate estinte per il loro 90%, ciò significa che oggi, per ognuna di queste specie, abbiamo 1 solo pesce rispetto ai 10 di 40 anni fa.
Alcune campagne di Sea Shepherd si occupano direttamente dell’estinzione di alcune specie, come Operation Milagro nel golfo del Messico, mirata alla protezione del Vaquita, del quale restano soltanto una trentina di esemplari, oppure Jeedara, il cui obiettivo e stato quello di proteggere l’habitat naturale nella grande baia australiana, preservando specie come il leone marino australiano, il tonno Southern blue fin e tutte le specie vulnerabili che caratterizzano quest’area, come le aquile di mare, il pesce arlecchino,wallaby dai piedi neri e altre specie endemiche.”
Noi :”Qual’è la peggiore situazione che hai trovato durante i tuoi viaggi riguardante l’inquinamento?”
Massimo :”La memoria vola subito ai miei viaggi in Sudamerica…
A Panama lavoravo su barche a vela in una piccola marina piuttosto isolata (quindi senza forniture) sulla costa atlantica, a circa 4 ore di bus da Panama City, e durante ogni tratta non potevo far altro che notare le vere e proprie montagne di rifiuti che stazionavano vicino ai villaggi a ridosso della giungla… problema che poi ho riscontrato spessissimo anche successivamente tra Colombia, Venezuela ed Ecuador, principalmente (se non esclusivamente) nelle zone più povere. Gomme di camion o di macchinari edili utilizzate per la creazione di orribili pontili/camminamenti sulle spiagge o semplicemente date al rogo, cosi come moltissimi rifiuti di ogni genere… tutto cio a bordo delle strade o sulle spiagge… Senza citare altri esempi simili, vorrei pero specificare che queste realtà sono affette da un livello di benessere sociale completamente diverso dal nostro… ciò non vuole essere un attenuante, ma mi ha semplicemente fatto riflettere su come le nostre società, pur avendo a disposizione tutti I mezzi necessari per contrastare moltissimi problemi di inquinamento o affini, necessitino, in fin dei conti, perlopiù di sensibilizzazione.
Ovviamente non é certo la sensibilizzazione stessa a fare in modo che l’individuo smaltisca la cannuccia o il sacchetto di plastica, ma fa si che questo ultimo possa fare a meno di una cosa che sostanzialmente nasce già come inutile.”
Noi :”Credi che siamo ancora in tempo per cambiare qualcosa?”
Massimo :”Credo che parlare di tempo lavorando sulla sensibilizzazione sia sempre troppo tardi, quando si sono raggiunti livelli di emergenza su tutti i fronti.
Oggi, per riparare a tutto ciò in maniera ingente, credo si debbano muovere le istituzioni, le multinazionali e gli stati, con commissioni e leggi a riguardo.”
Noi :”Cosa potremmo fare tutti per migliorare la situazione ambientale ?”
Massimo :”Per prima cosa, informarsi, prendendo reale coscienza dello stato di salute del nostro pianeta. Da qui, chiunque puo venire a conoscenza di un mondo di grandi e piccoli accorgimenti che non debilitano in alcun modo lo stato di benessere quotidiano nel quale viviamo. Si tratta semplicemente di capire che una grandissima quantità dei rifiuti che produciamo ogni giorno, sono stati accumulati inutilmente, forgiati in una società che fa dell’usa e getta un’assoluta normalità.”
Noi :”Che pensiero hai dei surfer, cioè sono persone che vi aiuto o vi posso aiutare? Oppure non sono molto disciplinati nonostante vivano il mare ?”
Massimo :”Devo dire che ho riscontrato nel surfing molta piu disciplina e iniziativa di quanto non abbia trovato nell’ambiente subacqueo o della vela.
Ovviamente c’é del buono e del cattivo dappertutto, ma ricordo che in moltissimi eventi o iniziative alle quali ho partecipato nei miei viaggi organizzate da camp/shop/gruppi di surf ho trovato nella quasi totalità dei casi degli spazi destinati all’informazione su conservazione di habitat locali e rispetto per l’ambente.”
Noi :”Fatti una domanda che vorresti che ti facessi io e datti una risposta …”
Massimo :“Cosa ti manca di più dell’Italia?”
ed io ti risponderei: “Il vino rosso e la pizza”
Noi :”Vuoi ringraziare qualcuno ? “
Massimo :”Ringrazio tutti voi e la vostra pagina per avermi dato l’opportunità di parlare un po’ di ciò che facciamo sulle navi da volontari. Ritengo sia sempre bello incontrare persone o realtà che, guidate dalla sola passione per il mare, mettono a disposizione propri mezzi ed energie per unirsi alla nostra missione.”