Noi : “ Ciao Giovanni, fai una tua presentazione … quando hai iniziato il surf e l’amore per il mare ?”
Giovanni: “ Ciao, io mi chiamo Giovanni Cossu e vivo a Sassari, una piccola cittadina nella parte nord della Sardegna. Ho 33 anni.
Il mare è da sempre stato presente nei miei giorni fin da piccolissimo; con i miei genitori ci passavamo le estati sempre.
Mio padre essendo un docente di scienze ambientali ad indirizzo marino dell’università qui a Sassari mi ha sempre silenziosamente condotto verso un approccio curioso e rispettoso di questo mondo, mostrandomi e spiegandomi elementi e fenomeni che difficilmente in un’altra circostanza avrei potuto notare.
Durante il mio sedicesimo anno di età, casualmente, è comparso il surf “
Noi : “dove hai iniziato ?”
Giovanni : “Ho iniziato qui dalle mie parti, grazie ad una vecchia cantina che fece emergere un bodyboard del quale non avevamo la minima idea di cosa fosse, finché, durante una puntata di Baywatch in TV lo capimmo. Andammo al mare a caso, c’era una risacca di forse trenta centimetri. Ci buttammo in acqua e scivolammo; non ho più smesso di farlo “
Noi : “ Cosa ti ha spinto a imparare ?
Giovanni : “ La prima sensazione fu incredibile, credo che fu questo che mi fece continuare ad andare, sempre a caso, al mare. Poi un giorno incontrammo altre persone che lo facevano e li scoprimmo che esisteva una piccola comunità di surfisti; ne diventammo parte.
Ormai eravamo innamorati delle onde ed imparare a padroneggiarle al meglio si fece il mio unico e costante pensiero “
Noi : “ Quali sono i tuoi spot preferiti ?
Giovanni : “ Tutti quelli che stanno producendo buone onde con poca, buona gente”
Noi : “ I tuoi viaggi ?”
Giovanni : “ Sono stato alle Canarie, in Portogallo, in Francia, in Spagna, in Sud Africa, in Marocco, in Indonesia, in Perù anche se li ci ho surfato molto poco, e alle Maldive “
Noi : “ Hai partecipato o partecipi ancora a delle gare ?”
Giovanni : “In passato ho fatto l’agonista, ho fatto parte della nazionale nel 2002, bellissima esperienza! Devo dire che però la competizione non è mai stata la mia prima vocazione nonostante abbia un idea e un approccio abbastanza radicale al surf. Ogni tanto partecipo a delle gare qua in Sardegna, ultimamente sempre meno, ma anche perché non è che ce ne siano tantissime! “
Noi : “ com’è cambiato il Surf in Sardegna ?
Giovanni : “ Nell’arco di questi quasi venti anni il surf ha avuto un’esplosione mediatica enorme. Non si contano le pubblicità che hanno voluto usare lo strumento del surf per veicolare la loro immagine. Questo a mio avviso ha fatto un po’ travisare la vera essenza dello sport, diffondendo l’equazione surf = figo, mentre in realtà in questa disciplina devi farti un gran culo!
D’estate vedo un’infinità di persone “in acqua”, fortunatamente poi arriva l’inverno ad estinguere le vampate di esibizionismo da spiaggia! Ecco, questo tanti anni fa non accadeva, allora eravamo sempre e solo noi pochi, strani, estate e inverno.
Il numero dei surfisti che frequenta gli spot più o meno assiduamente è comunque sensibilmente aumentato.
Purtroppo ci sono molte persone che pur non conoscendo le dinamiche e le regole del surf si buttano in acqua senza alcun criterio. Ormai inoltre, per colpa della comunicazione via cellulare istericamente abusata, beginners impreparati arrivano facilmente in spot difficoltosi in giorni anche impegnativi ed vi accedono talvolta sconsideratamente. Ci sono chat WhatsApp che movimentano orde di persone senza alcun criterio di salvaguardia, portando a saturazione posti che per loro natura non reggono un alto numero di surfisti, figuriamoci con precarie capacità tecniche. In troppi ormai sanno dove e come sono le onde senza neanche aver consultato mai una previsione meteo.
Questo sta iniziando a generare tensioni nonché la necessità di diffondere fortemente una regolamentazione a chi non ha avuto ancora modo di apprenderla.
Sono nate un sacco di scuole di surf alle quali mi sento di dare un suggerimento: prima ancora di insegnare il take off o qualsiasi altro rudimento, spiegate bene ai vostri allievi come si deve stare in acqua facendo surf, le dinamiche di una lineup ordinata, come si risale sul picco facendo il giro e il rispetto per gli altri surfisti. Fategli capire che per quanto bello il surf può essere pericoloso se non si seguono le regole (che esistono) “
Noi : “ la passione per il mare so che ti ha portato a fare un lavoro a contatto con esso ? ( raccontaci di Sealives ) “
Giovanni : “ Si, questo si riallaccia a quanto ti dicevo prima. Fin da piccolo sono stato instradato al mare, poi il surf, che ha determinato una decisa svolta nel mio percorso. Due anni fa è nata Sealives che è una parte del mio lavoro impegnata a far conoscere il patrimonio naturalistico marino della zona di Alghero. Durante l’estate accompagniamo i turisti all’avventura nell’area marina protetta di Capocaccia/Isola piana, una zona di mare meravigliosa immersa nel contesto naturale del Parco Regionale di Porto Conte. A bordo di un gommone piuttosto grande andiamo quindi a scoprire quali sono le caratteristiche che rendono questa zona così unica e bellissima, fra falesie alte più di duecento metri a picco sul mare, grotte semisommerse ricche di organismi incredibili e acque cristalline rigogliose di vita. Si va alla ricerca di angoli dove orchestra il silenzio appena rotto dai suoni della natura, luoghi dove l’uomo è ancora un ospite con l’intento di far capire a chi viene con noi quanto la terra sia complessa e meravigliosa nei suoi delicati equilibri.
Andate pure a vedere i nostri canali facebook, youtube o instagram per capire meglio! “
Noi : “ come vedi la situazione attuale del mare in generale ? ( la pesca, inquinamento e etc )”
Giovanni : “Lo scorso autunno sono stato alle Maldive in boat trip con un gruppo di cari amici. Un giorno siamo scesi a terra per fare due passi su un isoletta disabitata. Io sono rimasto scioccato dalla quantità di plastica che abbiamo trovato accumulata. Una cosa che non si può credere! Essendo quella una isoletta senza resort o strutture ricettive che la puliscono costantemente è risultato un indice di quanto pattume circoli nell’oceano, un campione molto rappresentativo secondo me.
L’umanità produce plastica appena dai primi del 900, la utilizza per bottiglie ed imballaggi industriali solo dagli anni 70 e remote isole dell’oceano indiano ne sono già ricoperte. Se mi chiedi come la vedo non posso che risponderti che la vedo male, per non parlare di tutte le altre forme di inquinamento che produciamo! Pare evidente che sia necessario un cambio di rotta sotto il profilo ecologico dell’umanità.”
Noi : “ cosa pensi del livello italiano che sta crescendo ? Con le nuove generazioni ?”
Giovanni : “ Stiamo migliorando! vedo un bel po’ di faccine nuove emergere nella scena nostrana con stile e tecnica sempre più raffinata e questo non può che far piacere! Il fenomeno Fioravanti sembra aver dato il via ad un vero e proprio movimento!
Non ti nascondo però che a riguardo di questo aspetto nutro alcuni dubbi.
Mi capita sempre meno di vedere in giro ragazzini giovani che non siano già stati orientati verso una carriera dalla quale in qualche modo ci si aspetti dei risultati.
Non so se i vari genitori abbiano chiara la realtà di cosa voglia dire arrivare ad essere un professionista in questo sport, e per professionista intendo guadagnarsi il pane da atleta.
Per essere un atleta professionista si deve andare per forza a scontrarsi, ed emergere, nel livello che c’è all’estero. Sposare questa causa comporta fondamentalmente una vera e propria scelta di vita.
L’investimento è totale, sia come risorse fisiche e mentali del ragazzo che come espedienti per permettergli di confrontarsi con quel livello appunto, in cui dovrà riuscire a dire la sua.
Nel mondo ci sono centinaia di migliaia di surfisti, la maggior parte di questi ha onde a disposizione tutti i giorni ed un livello di riferimento nel proprio homespot già consolidato; uno scenario attorno dove il surf genera un enorme mercato e dunque anche gli occhi delle aziende sono più attenti per eventuali sponsorizzazioni (e non parlo di 3 magliette, due tavole e due mute all’anno).
Di tutti questi surfisti ci sono ad oggi 1346 iscritti al WQS (maschile) di cui solo una manciata riuscirà a qualificarsi per il CT.
Ho recentemente letto su una rivista internazionale che un anno di tentativo di qualificazione (QS) in giro per il mondo grava sulle finanze dell’atleta un qualcosa che va dai 35.000 ai 50.000 dollari. Per ogni singolo anno di QS.
Tutto questo per dire che è durissima già per chi vive in Australia, Stati Uniti o Brasile, figuriamoci per chi parte dal mar Mediterraneo.
Il mio consiglio pertanto è quello di non trascurare mai la propria formazione culturale, perché sarà quella che un giorno, nel 99,99% dei casi potrà dare da vivere al ragazzo. E’ giusto che nello sport ci si impegni, mettersi degli obiettivi e cercare di raggiungerli è sempre educativo, ma senza perdere di vista anche l’aspetto del surf fatto per il semplice gusto di farlo.”
Noi : “ fatti una domanda che vorresti che io ti facessi e datti una risposta …
grazie mille anticipatamente per il tempo che ci dedicherai … “
Giovanni: “ domanda: se potessi avere un desiderio da esprimere per cambiare il mondo del surf quale sarebbe?
risposta: toglierei il segnale dei telefonini da tutti gli spot! …e non solo da li…
Grazie a voi, ci si vede in acqua, alla prossima! “
le foto sono di: Fabrizio Biosa, Giulia Mameli e Manlio Longinotti